Ci si deprime inutilmente ed egregiamente, mentre si resta a guardare questa primavera di illusioni che arriva a toccare apici di falsità e ipocrisie. Non un bagliore di luce attraversa l'oscura coltre di nubi, non un misero raggio di sole perfora la cortina nubica, non uno sprazzo di cielo azzurro si intravede nella grave immensità grigia che preme nella sua altitudine.
In queste giornate all'insegna dell'inquietudine, nell'accezione più alta del suo significato, l'unica cosa che resta da fare è dedicarsi alla lettura del poeta dalle mille risorse, del fantino di capre, del terrorista della penna o della pena, a seconda dei casi. Molte volte, in effetti, uno potrebbe o meglio dovrebbe dedicarsi ad altro, ma questa è una delle mie attività preferite, quindi mi diletto a esorcizzare i miei problemi rifacendomi su chi ne ha avuti di peggiori, ovvero il così detto sfonda matite poeta chirghiso Aligolok Barganov.
Questa poesia è tratta dal periodo “naturalistico”, conosciuto anche come periodo “delle papere”. Potremo notare, di seguito, come il giovane scribacchino si stupisce della visione del creato.
adagiato sull'erba guardo le calme acque
sereno sott'al sole contemplo tutt'il fiume
papere navigano placide “ma che belle”
“quelle non son papere ma germani reali”
or interviene acido il naturalista
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