sabato 26 dicembre 2009

Test IV "Bruciato"

Dopo faticose ore di salita estenuante, finalmente, arrivarono in cima al colle.

Si fermarono a contemplare il paesaggio che si stendeva verso l'orizzonte ai loro piedi: un immensa pianura di sabbia dove l'unico colore che regnava era un piatto grigio. Nulla era rimasto di vivo, nulla era rimasto di ciò che prima popolava l'immensa area, nulla era rimasto a testimonianza di una precedente civiltà, l'unica cosa che si poteva vedere era terra bruciata per centinaia di chilometri.

Le due figure ammantate che si stagliavano all'imbocco della valle si domandavano cosa potesse mai essere successo alla verde pianura brulicante di vita, cosa potesse mai aver spazzato via tutto senza lasciare neanche un superstite, cosa potesse mai aver distrutto ogni cosa senza un minimo di pietà.

Allora il secondo si rivolse verso il primo e lentamente disse:” Forse sarebbe meglio se tornassimo a casa.” Si girò e si incamminò, il primo lo seguì.


martedì 15 dicembre 2009

Paese Che Vai Usanze Che Trovi

Il week end passato ho deciso di passare una serata di sesso, droga, alcol e rock, così sono andato a Pavia. Come era auspicabile, l'unica cosa che è stata presente è stato l'alcol, ma questa è un'altra storia.

Sabato sera arrivo alla metà prefissata e parcheggio la macchina in un luogo reputato da altri automobilisti adeguato, ma, ahimè, non è stata dello stesso avviso la dura legge pavese, infatti la domenica pomeriggio, arrivata l'ora del rientro sui monti, la mia auto non c'era più.

Il primo pensiero affiorata alla mia mente, ancora offuscata dai fumi dell'alcol, è stato che, forse, l'avevo lasciata in altro loco, ma amici menagrami, o forse solo più sensati, hanno confermato ciò che io cercavo di ignorare: la macchina era stata rimossa dai tutori della legge.

Sembra che le forze dell'ordine pavesi non apprezzino le macchine parcheggiate sui marciapiedi, anche se a me è parsa esagerata come replica al mio gesto: non intralciavo il traffico, sul marciapiede ci passava una comitiva di bergamaschi in gita, quindi portarla via col carro attrezzi mi è sembrato un po' estremo.

Resta il fatto che per recuperare l'auto non sono andato a lavorare lunedì e ho dovuto sborsare 77 € al carrozziere che l'aveva presa e 78 € al comune di Pavia. Poi dicono che l'economia non gira.


Anniversari

Dico solo che oggi, nel 1969, moriva Giuseppe Pinelli, “un anarchico distratto caduto giù da una finestra”.


sabato 5 dicembre 2009

Michel

Vi siete mai domandati perché i coccodrilli piangono? Vi siete mai chiesti perché le giraffe hanno il collo lungo? Avete mai riflettuto sul perché le iene ridano? E sul perché gli ornitorinchi siano fatti così?

Adesso non prendete enciclopedie varie, non cercate su internet e soprattutto non disturbate il vicino che ha studiato scienze naturali. Per favore, posate il telefono, non potete chiamare Giorgio Celli, non disturbatelo.

Chiedetelo a Michel.

Io ho fatto così. Gli ho fatto quelle domande e lui mi ha risposto. “Sono contento” iniziò a spiegarmi tranquillo con la sua voce pacata “che non hai disturbato Giorgio Celli, ha una vita piena d’impegni. Risponderò io alle tue domande.

Una volta l’ornitorinco assomigliava tantissimo al castoro, aveva lo stesso muso e la stessa coda, in più i due erano anche vicini di casa.

Il postino si sbagliava sempre, consegnava la posta del castoro all’ornitorinco e viceversa, gli amici invitati a cena o alle feste sbagliavano sempre casa e si creavano sempre situazioni imbarazzanti e spiacevoli.

L’ornitorinco, stufo degli equivoci, decise di farsi un’operazione chirurgica al muso. Un suo amico papero gli consigliò di andare dal Dr. Keller che era un chirurgo tedesco di fama mondiale e che con il becco di sua cugina aveva fatto un lavoro stupendo, quasi un’opera d’arte. Quello che aveva omesso il papero era la specializzazione del medico, così l’ornitorinco si ritrovò con un becco, ma fu contento perché gli donava moltissimo.

Organizzò allora una gran festa, furono invitati tutti, tranne i coccodrilli. Si dimenticano sempre tutti di chiamarli. Nessuno li invita mai a cena, nessuno li invita nemmeno a bere un caffè, quindi i coccodrilli sono sempre tristi e soli ed è per questo che piangono, non hanno molti amici.

Invece alla festa c’erano le giraffe che grazie al collo lungo riuscirono ad ammirare il nuovo becco dell’ornitorinco. Erano state obbligate a farselo crescere, perché quando andavano al cinema erano sempre dietro agli elefanti, così non vedevano il film.

Agli elefanti piace molto andare al cinema e ce ne sono a tutti gli spettacoli almeno quattro o cinque, si siedono in prima fila per vedere meglio lo schermo, sono molto critici e hanno stroncato la carriera a più di un regista.

Alle iene, invece, piacciono i film comici e le barzellette, però non sono molto sveglie allora capiscono le scene o le battute dopo ore, alcune dopo giorni, così ridono senza un motivo valido e quando iniziano non riescono a smettere.”

Vi vedo perplessi, sapete chi è Michel?

Non lo sapete, come direbbe lui: “Che cosa avete imparato a scuola, solo che le tartarughe camminano piano perché non hanno fretta di tornare a casa?”

Non cercate di ricordare qual è il nome del vostro vicino o il secondo nome di Giorgio Celli, potrebbero anche essere Michel, ma non è di loro che sto parlando.

Tutti l’avrete sicuramente incontrato, però, presi dai vostri impegni, dai vostri problemi o dalla vostra fretta, non l’avrete considerato.

Lui era sull’autobus che sorrideva, mentre raccontava una storia ad un bambino, era al parco che rideva, mentre giocava a guardie e ladri con i più piccoli ed era seduto felice su una panchina, mentre disegnava o scriveva. Avrete letto un suo libro o visto una sua mostra o un suo film, ma non sapevate che era suo. Avrà anche cercato di parlarvi, ma gli avete voltato le spalle deridendolo e, infine, avrà rinunciato ad aiutarvi nascondendosi in un angolo buio.

Non vi sto dicendo di non preoccuparvi della vostra vita, di non organizzarla o di non programmarla, ma vi sto solo consigliando di lasciare stare qualche volta la ragione e di fermarvi a parlare con Michel e di sfogare la vostra fantasia rendendola libera come quando eravate bambini, allora tornerete a sorridere come lui.

Lui ve ne sarà grato e non dovrà più temere di essere ucciso dal vostro raziocinio e dalla vostra frenesia.

Io vi ringrazio, in anticipo, per tutte le volte che lo saluterete, perché in fondo ad ognuno di noi vive un Michel.


sabato 14 novembre 2009

Epifanie

Quanto tempo passa, quanto tempo è passato, alle volte il passato ritorna prepotente. Spalanca di forza l'ingresso del presente, sconvolge ogni cosa, e ti ritrovi a confondere ogni istante vissuto: sta accadendo o era accaduto, forse dovrà accadere. Confusione è tutto ciò che rimane da sistemare, il resto chissà dov'è.

Mi ricordo, ci ripenso e sorrido, la gelateria con il gelato più buono di Aosta che ora non c'è più, o meglio ha cambiato gestione. Ormai sono anni che ha chiuso, c'ero andato solo una volta lì a prendere il gelato . Chissà perché poi, non era nulla di importante alla fine, ma se ci ripenso mi spiace.

È strano, ma ora ho capito una cosa che mi avevano detto, già ho capito, succede che alcuni luoghi ti ricordino persone o eventi accaduti.


martedì 10 novembre 2009

Test III "Dialogo"

“Guarda che se ti turba, possiamo anche cambiare discorso. Non è di fondamentale importanza parlarne, beh io un po' ci tenevo perché è da mesi che continuo a pensarci, mi sembra che sia arrivato il momento di discuterne, non ti sembra?”

“Si hai ragione, continua pure.”

“Beh, comunque, se esagero o ti pare che stia drammatizzando troppo, fermami pure, non farti problemi a dirmi quello pensi, sai che, alle volte, ingigantisco le cose, ma sei sicura di volerne parlare, non ti vedo convinta.”

“Si, si anche io è da un po' che ci penso, forse è il momento giusto.”

“Non ne sono più tanto convinto, forse sarebbe meglio parlarne in un altro momento. Mi sembri un po' strana, ma non stai lavorando un po' troppo in questi tempi? Ti vedo parecchio stanca, forse dovremmo riprendere il discorso un altro giorno, quando sarai più tranquilla.”

“No, no, è tutto a posto. Sto lavorando parecchio, ma non sono stanca. Dai prosegui mi stava iniziando a interessare.”

“Ma sei sicura? Non mi sembrava che ti stesse prendendo più di tanto, anzi mi sa che ti stavo annoiando. Effettivamente se non ti interessa quello che penso ti basta dirlo, non mi faccio problemi, anzi è meglio non parlarne più, così risolviamo qui.”

“Eh no, hai iniziato, adesso finisci.”

“Visto diventi acida, con te non si può mai fare un discorso.”


venerdì 6 novembre 2009

Test II "Bellezza"

Presi in mano una pietra, era perfetta nella sua rotondità, liscia al tatto e lucida alla vista. Me la rigirai tra le mani, era compatta e leggera allo stesso tempo. La rimirai tra le dita e controluce, non ne trovavo imperfezioni. Non avevo mai visto una pietra così bella, cercai di ricordare le altre che avessi trovato, se fossero state come quella, se avessero potuto minimamente essere paragonabili con lei, ma niente, nonostante mi spingessi con la memoria fino alla mia infanzia, niente, nessuna poteva essere minimamente avvicinata da quelle magnifiche fattezze.

Strinsi le nocche intorno a quel piccolo tesoro finché non sbiancarono. Cosa ne avrei potuto fare, non si poteva sprecare tanta bellezza, ora, non avrebbe potuto ritornare nel mucchio insieme alle altre, nell'anonimato della riva, dove, forse, nessun altro l'avrebbe più notata e lodata, come avrebbe meritato di essere.

La guardavo, l'accarezzavo, la rigiravo e ne saggiavo la fragranza, quell'odore di umido e salmastre che aleggia vicino all'acqua. Continuavo a domandarmi dove avrei potuto metterla per far si che il mondo l'ammirasse, come avrei potuto darle la scena che avrebbe meritato, come avrei potuto darle l'ammirazione che meritava.

Guardai il fiume e mi misi in posizione, con un rapido movimento del braccio la lanciai. Otto salti fece sulla superficie dall'acqua, non male, proprio una bella pietra.


martedì 3 novembre 2009

Berserk

Gheldjun si fermò a guardare la spianata. Il nemico si era schierato più in basso rispetto al suo esercito, sembrava che la leggera pendenza avrebbe favorito i Wolsenfohn, il reggimento a cui apparteneva. Si compiacque con se stesso sia per il vantaggio che avevano sugli avversari, sia per la deduzione strategica che aveva appena constatato: in effetti, il suo comandante li aveva fatti fermare mezza giornata di cammino in anticipo per sfruttare questa posizione. Gheldjun stimava il Tenente Knocharthen per queste finezze tecniche e un giorno quando avesse fatto carriera avrebbe voluto assomigliare a quell’uomo.

L’ esercito avversario mostrava, a loro vantaggio, una maggiore versatilità sul campo, infatti, gli stendardi dei reggimenti erano molteplici e denotavano una quantità di squadre specializzate negli attacchi da lunghe distanze, quali arcieri e frombolieri, e in quelli veloci, quali cavalieri e lancieri a cavallo. Anche le truppe di fanti erano divise secondo le armi utilizzate: dagli alabardieri agli spadaccini e dai lancieri ai soldati armati di ascia. Tra i ranghi figuravano anche molti mercenari del sud di Botterden, caratterizzati dalle loro lame fini, ma capaci di decapitare con un colpo, e dalle loro armature dai colori vivaci, quasi un invito a ucciderli.

Per contro il loro esercito sembrava un’accozzaglia di disperati. La maggior parte erano fanti con le armi più disparate, quasi tutte erano ereditate dai padri o dai nonni (nel caso i primi non avessero mai fatto ritorno da guerre passate). Gli arcieri e i cavalieri erano assai pochi: i primi perché ai loro occhi, compresi quelli di Gheldjun, era poco onorevole combattere con un arco, i secondi perché rischiare di perdere un cavallo in battaglia era una disgrazia che pochi potevano permettersi.

Il giovane guerriero smise di osservare il campo di battaglia, nonostante le sue ambizioni c’era ancora chi si occupava al posto suo della strategia da effettuare, e si concentrò sui suoi compagni. A qualcuno tremavano le gambe, mentre altri sudavano nonostante il fresco mattutino, Gheldjun pensò che doveva essere il loro primo combattimento visto che i loro visi gli erano sconosciuti. Invece a lui ed ad altri uomini brillavano gli occhi: era la sete di sangue. Lui ormai era un veterano, anche se quella era la prima battaglia di così vaste proporzioni cui avesse mai partecipato, ma questo non lo preoccupò minimamente: dopotutto mille o diecimila uomini era la stessa cosa, non doveva ucciderli tutti lui.

Si ricordò la prima operazione cui aveva preso parte. Aveva appena completato l’anno di addestramento riservato alle reclute ed era stato distaccato in una divisione di pronto intervento, i razziatori. Questa parte dell’esercito si occupava di distruggere gli avamposti del regno di Frikraftes, loro eterno rivale, prima che si militarizzassero, quindi erano villaggi di contadini e allevatori in cerca di terre. Il loro compito era di uccidere i pochi soldati e gli uomini e di riportare in schiavitù donne e bambini. A Gheldjun quel compito parve un massacro insensato e senza gloria, se avesse voluto raggiungere il regno dei guerrieri morti, Dorfenheld, non avrebbe potuto uccidendo contadini, inoltre gli ricordava il suo villaggio, così si fece trasferire nei ranghi dei Wolsenfhon.

Questo pensiero lo riportò al giorno della sua partenza da casa, per la coscrizione obbligatoria, cinque anni fa. Era il giorno del suo sedicesimo compleanno e un araldo del Re gli aveva consegnato la lettera in cui si dava notizia che aveva dieci giorni per recarsi a Westaidt, la capitale del suo regno, per portare servizio alla sua patria. Doveva partire subito perché il viaggio dal nord era lungo e i dieci giorni gli servivano tutti. Preparò in fretta i suoi bagagli. Suo padre lo chiamò in disparte e gli consegnò le sue armi che prima erano state di suo padre e prima ancora del padre di suo padre. Erano un’ascia e uno scudo, non avevano molti ornamenti, erano incise solo le rune della forza e del coraggio, ma sembravano appena forgiate tanta era la cura con cui erano state conservate. Arrivò il momento di partire e la madre, il fratello e le due sorelle lo salutarono piangendo, il padre, con una strana luce negli occhi, gli disse: “Sarò fiero di te. Ci rivedremo nel Dorfenheld”. Quel giorno non capì suo padre, ma adesso lo comprendeva benissimo.

“Ti vedo pensieroso quest’oggi. Sei preoccupato per la battaglia o per aver messo incinta quella ragazza? Com’è che si chiama? Non me lo ricordo mai”. Le parole di Stassechen, suo amico e fratello di ascia, lo riportarono alla realtà. “Si chiama Defteu e non è incinta. Stavo pensando a casa mia. Fra una settimana ho una licenza di un mese e ci torno”. “Ci torni se non muori oggi. Comunque il Dorfenheld è già aperto a uno come te”.

Le loro parole furono interrotte dall’arrivo del loro diretto superiore. Il Capitano Walachten stava ispezionando le file della sua compagnia sorridendo ai nuovi arrivati e facendo cenni col capo ai veterani. In quel momento stava pensando che non avrebbe dovuto ricordare a nessuno di cercare di ritornare indietro vivo, vista la giovane età di ogni singolo soldato. Si fermò solo di fronte ai due amici e guardandoli malamente li minacciò: “Se anche questa volta dovrò formare delle squadre di ricerca, perché due idioti si sono messi a inseguire da soli il nemico in rotta, non esiterò a punirli!” “Non si preoccupi Capitano, Gheldjun tra una settimana ha una licenza, quindi non ci perderemo”. Appena ebbe finito di parlare, Stassechen fece l’occhiolino al compagno. Il Capitano si diede un colpo in fronte e allontanandosi disse: “State attenti, mi piacerebbe rivedervi vivi”.

L’attenzione di Gheldjun e di altri soldati fu attirata sulla spianata: il Comandante e un araldo dei nemici stavano attraversando il campo con una bandiera bianca, volevano parlamentare. Subito il Tenente Knocharthen e un suo araldo andarono loro incontro. S’incontrarono in fondo alla discesa e iniziarono a parlare animatamente. Il giovane soldato non riuscì a sentire quel che dicevano, ma capì che l’esito dell’accordo fu negativo, quando l’araldo fiancheggiò l’esercito dicendo di serrare i ranghi e tenersi pronti.

Passarono pochi minuti, ai soldati sembrò un’eternità, e il segnale fu dato. La carica iniziò. I fanti dei due schieramenti iniziarono a corrersi incontro.

Quando furono a tiro, Gheldjun e i suoi compagni furono bersagliati da un nugolo di frecce. Molti vennero uccisi, ma ciò non rallentò la loro folle corsa.

L’impatto fu tremendo. L’impavido soldato brandiva l’ascia con furia sovrumana, ogni suo colpo uccideva o menomava un avversario, ogni zona del suo corpo era imbrattata di sangue, ne sentiva il sapore dolciastro e l’odore acre attraverso le narici e le labbra, i suoi capelli erano diventati rossi.

Con un occhio teneva sotto controllo l’amico Stassechen nel caso fosse sopraffatto dai nemici, ma vide che anche lui se la stava cavando alla grande.

La fanteria nemica stava soccombendo, infatti, nonostante la varietà di armi e la presenza dei mercenari, era inferiore di numero e di forza fisica e di questo Gheldjun fu grato agli Dei.

Si accorsero tutti troppo tardi che la cavalleria stava cercando di chiuderli alle spalle. Quest’ultima iniziò a falciare i soldati come se stesse mietendo il grano. Il Tenente Knocharthen mandò avanti gli arcieri a danno dei cavalieri nemici.

La battaglia subì uno stallo, le forze in campo si eguagliavano e sarebbe stato un massacro per entrambe le parti.

Gheldjun cercò l’amico e lo vide, mentre veniva infilzato da un lanciere. Corse per aiutarlo, ma arrivò tardi, ormai Stassechen era caduto per terra. S’inginocchiò, prese l’amico per le spalle e lo alzò. Il moribondo incominciò a vomitare sangue, ma riuscì ancora a dire: “Ritorna a casa almeno tu. Hai una donna, falla felice”. Stassechen vide che gli occhi del fratello d’ascia non erano più umani, erano iniettati di sangue, e che il sorriso era stato sostituito da un ringhio, dai lati della bocca fuoriusciva della bava. Gheldjun, ormai impazzito, abbandonò l’amico gettandosi nella mischia, le ultime parole che udì dall’amico furono: “TORNA INDIETRO, SCAPPA!!!” La mente del giovane soldato era vuota, l’unico pensiero, che gli arrivava da una recondita parte del suo cervello, era una sete incontrollabile di sangue.

Ogni avversario ucciso veniva maciullato a colpi di ascia. Ad ogni morto Gheldjun ne mangiava il cuore e ne beveva il sangue. Sia i compagni sia i nemici fuggivano alla vista di quella bestia senza raziocinio che uccideva tutto ciò che incontrava. Pochi vollero affrontarlo; questi morirono.

L’esercito del regno di Frikraftes fu sconfitto e iniziò a fuggire. Il soldato impazzito li inseguì e né gli arcieri né gli alabardieri riuscirono a fermarlo. Tutti quelli che rimanevano indietro venivano massacrati da quell’unico soldato, finché, senza contare gli uomini a cavallo che furono più veloci, non restò un solo uomo intero.

Solo allora Gheldjun si fermò e iniziò a guardare ciò che aveva compiuto. Il suo sguardo cadde su un fiore che era tra i cadaveri ed era sporco di sangue. S’inginocchiò davanti ad esso e si rese conto di che pazzia fosse stata quella battaglia e di quante vite aveva inutilmente spezzato.

Lo raccolse e solo allora si rese conto di essere morto.

Non si fermò davanti ai sibili delle lance.

Non si fermò davanti ai dardi infuocati.

Non si fermò davanti alle spade insanguinate.

Ma finita la battaglia si fermò davanti ad un fiore e si accorse di essere morto.

Lui era un Berserk.

Test I "Al Bar"

Continuava ad aspettare che arrivasse, come al solito era in ritardo. Si stava iniziando ad annoiare, i suoi pensieri era centrati sul fatto che fosse sempre così e, molto probabilmente, sarebbe stato sempre così. Il suo sguardo cadde in quel momento su un nuovo avventore diretto verso il bancone.

Salutò la barista e ordinò un caffè, questo era, decisamente, il bar dove preferiva berlo. Lo servivano come piaceva a lui: bollente, nero e cremoso. Doveva sempre allungare la strada del ritorno verso casa per andare in quel locale, ma per un caffè così ne valeva la pena. Il cliente che aveva di fianco stava consumando anche lui un caffè, ma lo stava oltraggiando unendoci latte e zucchero.

Mentre stava per prendere in mano la tazzina, si accorse di essere guardato di traverso, l'uomo vicino a lui lo stava letteralmente uccidendo con lo sguardo. Si immobilizzò e inizio a domandarsi che cosa mai volesse questo tipo strano, chissà cosa mai gli avesse fatto, decise così di ignorarlo e di guardare altrove, puntò allora gli occhi sulla barista, una vista sicuramente migliore del bestione a fianco.

Quella era una di quelle serate dove non si riusciva a stare tranquilli un secondo, continuavano ad arrivare clienti, quindi non sarebbe riuscita ad uscire per fumare una sigaretta. Era il problema di questo lavoro, in alcuni momenti non c'era nessuno, in altri non si riusciva a stare fermi un secondo. Salutò un ragazzo che se ne stava andando e si concentrò nuovamente sulla birra media che stava spillando.

Aprì la porta, prese una sigaretta, la infilò in bocca e l'accese. Si diresse verso la macchina mentre stava pensando che domani si sarebbe dovuto alzare presto per andare a lavorare.


Avvertenze D'Uso

Inauguriamo con il prossimo post una nuova corrente di pensiero (molto plateale N.d.r.) che necessita di un piccolo manuale d'uso, infatti, inizierò a fare esperimenti su un nuovo stile, ovvero l'”astrattismo” o, almeno, così ho pensato di chiamarlo io, magari esiste già, ma io lo ignoro.

L'idea nasce dalla lettura di Dino Buzzati (senza offesa N.d.r.), sia da “Sessanta Racconti” sia da “Il Deserto Dei Tartari”.

I racconti che seguiranno con l'etichetta “nonsense”, come dice la parola stessa, non hanno senso, non hanno una logica e, soprattutto, non hanno significati nascosti (a chiunque ne trovasse consiglio qualche seduta da un buon psicologo N.d.r.), l'autore, nel scriverli, cercherà di non esprimere assolutamente nulla. Il lettore si troverà, in questo modo, ad affrontare una lettura piacevole (almeno si spera N.d.r.), ma che sarà senza una conclusione e soprattutto non gli dovrebbe suscitare nessuna emozione, tranne il dubbio di avere sprecato del tempo.

Se casomai qualcuno riuscisse a estrapolare qualsiasi cosa sopra citata, gli porgo le mie scuse, sto cercando di migliorare.

Buona lettura.


giovedì 29 ottobre 2009

Auguri Rino

Nasceva oggi, nel Millenovecentocinquanta, Rino gaetano, sicuramente durante un parto travagliato, perché un personaggio incredibile come lui non sarebbe potuto venire al mondo semplicemente come altri.

Nacque a Crotone, ma all'età di dieci anni si trasferì a Roma con la famiglia, dove visse fino alla sua tragica scomparsa, in un incidente stradale il due Giugno del Millenovecentottantuno. La sua una morte che forse avrebbe potuto essere evitata, infatti furono cinque ospedali a rifiutargli il ricovero, situazione surreale, ma di tragica conclusione, comunque si sa che “quando Renzo morì io ero al bar”.

Rino fu avanti per i suoi tempi, ancora oggi le sue canzoni raccontano l'Italia come se fossero state appena scritte, o forse, in trentacinque anni le cose non sono cambiate:”Ma il cielo è sempre più blu”, “Rare tracce”, “Spendi spandi effendi”, “Capofortuna”, “Fabbricando case”, “Nuntereggae più” (tra le altre cose i personaggi sono, quasi tutti, ancora attuali) e chissà quante altre.

Nasceva oggi un cantautore sottovalutato ai suoi tempi, ma considerato un genio oggi.

Auguri Rino.

http://it.wikipedia.org/wiki/Rino_Gaetano

http://www.ondarock.it/italia/rinogaetano.htm

http://www.elapsus.it/home1/index.php/letteratura/scrittori/68-lmorire-come-ogni-altra-cosa-e-unarter-due-scomparse-indecenti-e-una-morte-ambiziosa


martedì 27 ottobre 2009

Once Were Warriors

Una volta erano guerrieri, ora si prostrano referenti di fronte al denaro. Non sono più alla ricerca di sangue e morte, ma si accontentano, sempre col sudore e la fatica, di ridicolizzarsi per arrivare a fine mese. Inchinati, si prostituiscono, davanti ai loro simili più facoltosi, per inseguire falsi miti e falsi dei.

Nel boschetto della mia fantasia, ogni tanto, arriva troppa merda, forse dovrei smettere di ascoltare i Pantera e gli At The Gates.


venerdì 23 ottobre 2009

Colazione Da Joseph

L'arrivo dell'inverno è alle porte, le cime dei monti si sono imbiancate, così, viste le basse temperature, il mio ormai ottuagenario vicino si è ritirato in una quiete paragonabile soltanto ad un letargo. In un primo momento ho pensato che fosse morto, visti gli odori che aleggiano nei dintorni, ma, grazie ad un'accurata constatazione, ho appurato che, nonostante l'età, la tetra mietitrice sia lungi da volerlo trarre a sé.

Ieri mattina uscendo di casa sono stato intercettato dal vecchio e invitato a fare colazione da lui, nonostante in un primo momento abbia deciso di rifiutare, alla fine ho accettato.

L'ostinato gutturale scraciatore stava pasteggiando con un minestrone accompagnato da un bicchiere di the. Non avendo la minima intenzione di ingurgitare la brodaglia che il vecchio gustava, ho deciso di ripiegare solo su una tazza della bevanda posta al centro della tavola. Trovandomi a stomaco ancora vuoto e con una secchezza di fauci insopportabile, mi sono tracannato il bicchiere d'un fiato per accorgermi, trattenendo un conato di vomito, che il liquido bevuto non fosse, come pensavo, the, ma bensì génépy.

Solitamente reggo bene l'alcol, ma bere alle sette di mattina mezzo litro di génépy caldo mi ha scombussolato leggermente, così mi sono ritrovato a non andare a lavorare e a passare la mattinata in compagnia di un alcolizzato, sembra.

“Cristo è stato il primo vero e unico comunista”, “Io sono sempre arrivato dove volevo andare senza che uno schermo mi dicesse dove girare, oltretutto così Loro sanno dove sei”, “La mia macchina andava benissimo, anche se aveva solo il carburatore”, “Se fa caldo, fa troppo caldo, se fa freddo, fa troppo freddo”, questi e altri deliri sono stati gli argomenti dei monologhi di Joseph, io ho ottenuto solo un mal di testa post sbornia e una paternale per non essere andato a lavorare come un bravo cittadino.



giovedì 15 ottobre 2009

Manifesto Dell'Integralismo

In un paese dove non vige, se mai effettivamente lo ha fatto, la meritocrazia, quindi dove, chiunque cerca di surclassarti non con l'impegno, ma con il raggiro, in un paese dove la diffidenza e l'odio regnano sovrani, quindi dove, se cerchi di aiutare qualcuno, sicuramente questo pensa che come minimo vuoi derubarlo, in un paese dove l'apparenza vince su qualsiasi altro sentimento, quindi dove, puoi essere giudicato criminale per tendenza (questa cosa sto cercando di capirla N.d.r.) e le teorie de Lombroso vengono seguite come una bibbia, uno non può fare a meno di seguire i dettami dell'integralista.

I “sani e buoni principi” devono essere la base per ogni persona che vorrebbe fare dell'integralismo la sua politica di vita. Non importa quali siano queste idee, che siano in contrasto tra di loro e nemmeno che abbiano un fondamento di moralità o semplicemente che siano intelligenti, l'importante è che siano intimamente sentite come proprie e quindi degne di essere difese con qualsiasi mezzo.

Tramite questa scaletta di priorità, i “sani e buoni principi”, si rende possibile un'altra capacità intrinseca propria dell'integralista, quella del “rancore”. Ogni discepolo di questa corrente potrà fare sua questa abilità e utilizzarla per sanare ogni torto subito o per difendere le sue idee, non necessariamente bisogna essere dalla parte della ragione, ma solamente esserne convinti. Per rendere completamente efficace questa pratica dovrà essere perpetrata a vita, la parola “perdono” non viene riconosciuta nella sua vera accezione, ma solo come scusante per potenziare la forza del “rancore”.

Altra parola sconosciuta dal buon integralista è “fallimento”, infatti lui non fallisce mai, al massimo abbandona. Ogni aspirante, per meritarsi il titolo di maestro, dovrà lanciarsi nelle più svariate iniziative o nei più assurdi progetti per abbandonarli prontamente alla prima difficoltà, ovviamente per non finire in contrasto con i “sani e buoni principi”.

Seguite queste semplici e poche regole chiunque potrà vantarsi di essere un buon integralista orgoglioso della sua posizione.

Io sono un cazzo di integralista convinto.


martedì 13 ottobre 2009

Problematiche

Come sempre nei momenti più tetri e oscuri della vita di una persona una lettura può aiutare ad attraversarli. Allora ci si rituffa nell'angoscia del mitico chirghiso di nascita, ci si lascia cullare dalle altalenanti melodie e dalle prodi perifrastiche, ci si abbandona a quel susseguirsi di parole pietrose e al tempo stesso angeliche.

Solo Aligolok prevede i tormenti, intuisce le vicissitudini, coglie gli eventi della vita, percepisce la realtà che lo circonda. Un uomo che capisce tutto, ma, col suo comportamento, dimostra un odio verso qualcosa di inintuibile, forse neanche lui lo percepisce in realtà, ma ci piace immaginarlo come un enigmatico guru.

Ed ecco un altro scritto del periodo “post traumatico”, quale sarà stato questo trauma nessuno ancora lo ha capito, intitolato: Così.

La distanza è frapposta

nulla più vi è di più concreto

in un intera esistenza

una finestra sul cortile

aperta su una realtà

per illuminare le tenebre

figure errabonde

cercano una breccia

che non esiste


lunedì 12 ottobre 2009

Ricerca Inutile

Le fredde tempestose giornate delle Highlands scozzesi non sono minimamente paragonabili con il clima mite dell’Italia meridionale, ma i miei studi e le mie ricerche mi hanno spinto, dopo lunghi soggiorni nella repubblica Ceca, in Romania e in Germania, ad acquistare un antico maniero risalente al periodo medioevale nei pressi d’Inverness, dove in questo momento risiedo.

Queste lunghe peregrinazioni mi sono state rese possibili per via della prematura morte dei miei genitori e delle speculazioni sia edilizie sia commerciali, durante il boom economico italiano negli anni cinquanta, del mio compianto padre.

Grazie alla cospicua eredità e oculate manovre finanziarie riuscì a procurarmi un generoso vitalizio senza dover essere continuamente occupato nelle gestioni delle mie proprietà.

Purtroppo i miei viaggi a scopo scientifico mi hanno privato delle gioie della vita e il mio carattere riservato mi ha impedito di partecipare alla lascivia e alla mondanità che avrebbero riempito la mia giovinezza. Ormai, canuto e non più vigoroso, disprezzo il successo e il lusso e preferisco godermi i semplici piaceri che può portare lo scoppiettio delle braci.

Comprai il castello da un nobile inglese che conobbi a Praga, anche questo gentiluomo si trovava nella città per studiare le pratiche d’alcuni alchimisti vissuti nel settecento, ma entrambi rimanemmo delusi dalle conoscenze approssimative che riuscimmo ad apprendere.

Rincontrai lo studioso a Berlino, mentre cercavo un volume assai raro: il “Necronomicon” nella versione latina di Wormius. Egli, non solo mi promise di cedermi il tomo assieme ad altre rarità, ma mi propose di acquistare, per una ridicola somma, la sua residenza in Scozia. L’ inglesotto fu costretto a compiere quest’idiozia per colpa di alcuni debiti contratti al gioco d’azzardo e non sapendo come racimolare l’ingente cifra, per le sue misere possibilità, si rivolse a me conoscendo l’interesse per le scienze occulte che in passato ci aveva legato.

Mi ritrovai così a completare le mie ricerche nel desolato nord della Scozia.

Il maniero versava in pessime condizioni e fui obbligato ad immediati interventi di ristrutturazioni. Mi concentrai soprattutto sul restauro della biblioteca, situata in cima alla torre. Lo studio fu posto nel piano sottostante insieme alle mie stanze, mentre il resto della magione fu messo a disposizione della servitù e d’eventuali ospiti.


Lo scoppiettio della legna che arde nel caminetto assorbe completamente la mia attenzione e il cognac di ottima annata nel mio calice ammazza gli ultimi residui di lucidità.

Il mio io più profondo viene trasportato nel vortice del tempo, prima verso antiche civiltà, poi verso future popolazioni extraterrestri. Visito immense costruzioni monolitiche dove sono compiuti riti blasfemi, vedo creature dalle forme orrende e indescrivibili la cui sola vista potrebbe portare alla follia un uomo di sana e robusta costituzione o fibra.

Un improvviso tonfo sordo ridesta la mia attenzione.

Mi guardo attorno invano, poiché oggi, oltre a me, nel maniero non c’è nessuno, infatti, è il giorno libero della servitù.

Osservo fuori della finestra, ma la fitta nebbia mi impedisce di vedere oltre la ringhiera del balcone.

Decido di tornare a sedermi vicino al focolare per essere riabbracciato dal suo tepore, quando il mio sguardo cade su un tomo poggiato sul pavimento davanti alla mia amata libreria.

Mi accingo a raccoglierlo per ricollocarlo nella sua nicchia, ma, a una più attenta analisi della copertina, mi accorgo che quel volume non mi appartiene. Osservo attentamente gli scaffali ricchi di libri di ogni sorta e noto che non vi è spazio per quello caduto.

Un timore ancestrale mi attanaglia le viscere, non riesco ad avvicinare le mie mani a quel oggetto all’apparenza inanimato, una goccia di sudore freddo percorre la mia schiena. Centinaia di dilemmi trafiggono la mia mente come una freccia scagliata da un centauro. La curiosità sconfigge la paura e mi ritrovo il tomo tra le mani. Accarezzo la copertina, contemplo la rilegatura, assaporo l’odore stantio delle pagine.

È un’opera di splendida manifattura degna dei più bei lavori del miglior monaco amanuense.

Mi colpisce subito il titolo, impresso a fuoco nella pelle, “De Inutile Investigatione”, invece l’autore, scritto con la medesima tecnica, è “Messor”.

Il libro mi angoscia e sono riluttante ad aprirlo, ma una forza inconscia mi spinge a sfogliarlo.

Sono tutte pagine bianche, nulla vi è scritto. Lo richiudo.

Una voce interiore mi suggerisce di leggere l’ultima pagina, non riesco a resistere a quel impulso.

Lo scritto inizia con una squisita lettera miniata rappresentante la lotta tra un demonio e un angelo, in cui l’ignobile cornuto con un ghigno rivoltante sopraffa l’esile piumato.


Giunge, ormai infine,

Il tributo agognato,

L’ ora della tua fine.


A me verrà pagato

Ciò che mi è dovuto

Per aver tanto cercato


Quello che senza muto

Accordo, tu alfine

Hai davvero voluto.


Queste oscure parole mi lasciano perplesso, ma quelle a piè di pagina mi terrorizzano: “Vengo a prendermi la tua anima”.

Chi mai potrebbe scrivere parole tanto orribili?

Chi mai potrebbe odiarmi tanto da volere la mia vita?

Sono assalito da mille dubbi.

La stanza sembra ingrandirsi e diventare sempre più buia, i fulmini mi mostrano ombre dietro a ogni angolo.

L’ unico suono che riempie il silenzio è il mio respiro sempre più affannoso.

Thud thud. Sento un rumore di passi.

È assurdo, in casa non c’è nessun altro oltre a me.

I sinistri suoni aumentano d’intensità.

Che sia il mio aguzzino venuto per prendersi ciò che è suo di diritto?

Non è possibile, nulla può essersi risvegliato da abissi indicibili.

I passi si avvicinano, sono quasi alla porta.

Non mi avrà mai, l’unica mia salvezza è la finestra.


Signore posso entrare, vista la giornata fredda sono rientrato prima e mi sono permesso di preparale un tè. Come mai la finestra è spalancata? Signore?”


sabato 10 ottobre 2009

Via Ferrata Bethaz-Bovard

È facile celebrare una vittoria, ma non è altrettanto semplice farlo con una sconfitta e alle volte bisogna farlo. Ebbene si abbiamo perso, non ce l'abbiamo fatta, non abbiamo portato a compimento l'impresa che ci eravamo preposti di fare (così sembra una cosa epica), è stata dura e non ci siamo riusciti.

Siamo andati a fare la via Ferrata Bethaz-Bovard a Valgrisenche, ma per la scarsità di tempo che ci era rimasto abbiamo dovuto interromperla alla seconda via di fuga. Non mi capacito ancora per quale motivo, nonostante la partenza da casa alle cinque di mattina, siamo arrivati alla partenza della ferrata alle dieci, se non erro da Châtillon ci si dovrebbe impiegare un'oretta e mezza in macchina.

Qualche dubbio in realtà mi è venuto: forse non ci si doveva fermare ad ogni bar che si incontrava lungo la statale, forse gli aperitivi si fanno dopo la ferrata, forse non ci si doveva fermare in due alimentari.

Resta comunque il fatto che siamo stati sconfitti da novecento metri di dislivello e milleottocentocinquanta gradini, un onta che ci macchierà per sempre di disonore e che nulla servirà fare per cancellarla.


venerdì 9 ottobre 2009

Bombardiamo Il Chiaro Luna

L'essere umano è veramente fantastico, proprio una delle migliori creature esistenti sulla faccia della terra, potrei elogiarne i pregi per ore e non trovare il coraggio di fermarmi, quindi mi limiterò ad alcuni difetti.

L'uomo medio va in vacanza in qualsiasi luogo e per ricordare il suo passaggio abbandona dell'immondizia, non soddisfatto riporterà a casa dei souvenir. Nel 1969 i primi astronauti a mettere piede sulla Luna si sono comportati allo stesso modo: hanno lasciato immondizia e hanno preso souvenir. Proprio una bella figura.

Alcuni minuti fa la Nasa, non soddisfatta dell'opinione fatta sugli esseri umani da non interessa chi, ha deciso di bombardare la Luna per una ricerca sulla presenza di acqua sul satellite.

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/scienza/2009/10/08/visualizza_new.html_985922823.html

Sono rimasto perplesso da questa notizia anche un altro motivo e, cioè, questo vasto utilizzo degli esplosivi da parte degli U.S.A.: bombardano per la pace, per la ricerca scientifica, fra un po', forse, anche per l'agricoltura. Ci sarà qualcuno con turbe psichiche che a cui da piccolo non compravano i petardi?


venerdì 2 ottobre 2009

Pro Manifestazione 3 Ottobre a Roma


Scarponi Nuovi, Vita Nuova

Giovedì ho fatto un nuovo acquisto di cui vado decisamente orgoglioso, mai soldi furono spesi meglio. Dopo parecchia titubanza mi sono, infine, deciso a comprarmi gli scarponi ramponabili e la scelta è caduta sui Nepal Evo de La Sportiva.

Ieri mi sono lanciato in una breve prova su strada, o perlomeno così doveva essere. Alle una ho deciso di farmi un giro vicino casa di un'oretta, ma il piccolo Forrest Gump che c'è in ognuno di noi mi ha portato a fare cinque ore di cammino e mille metri di dislivello, non male come collaudo.

Sono veramente degli scarponi fantastici: sono leggeri, il piede sembra fatto per usarli, la traspirazione è ottimale, decisamente comfort assoluto. Sono veramente orgoglioso della mia scelta.

Ho avuto solo un piccolo inconveniente con le tibie, infatti durante il ritorno hanno incominciato a fare male e sono uscite delle vesciche, spero si risolvere l'inconveniente utilizzando le linguette aggiuntive in dotazione. Domani le testiamo su una ferrata e vedremo.

L'ultimo problema, devo sottolineare gravissimo, è il colore: questo giallo è senza dubbio insensato, non possiedo dei pantaloni che fanno pendence.


mercoledì 23 settembre 2009

La Tv E' Sempre Un Passo Avanti

Anche questo è stato postato su Diritto alla rete.

La Valle d'Aosta è la prima regione d'Italia ad aver spento il segnale televisivo analogico, grandissimo risultato dal punto di vista tecnologico, ne andiamo veramente tutti fieri, non fosse che il 30% della popolazione non ha accesso all'adsl, il restante 70% arriva al massimo ad una connessione a 7 mega alla centrale telefonica, quindi se a casa ti arriva a 4 mega sei veramente fortunato.

I ¾ della popolazione il WI-FI non sa neanche cos'è, io rientro negli ignoranti. Mi stupisco persino quando sull'A1 in Lombardia vedo un autogrill con la connessione oppure vedo un ristorante a Perugia che la fa utilizzare ai clienti.

Nonostante tutto da oggi potrò guardarmi Amici e chissà quale altra cagata in digitale. Grazie, veramente grazie per questa avanguardia tecnologica.

Arius

http://www.regione.vda.it/innovazione/blarga/connettivita_i.asp

http://www.regione.vda.it/tvdigitale/comunicatidt/calendario_i.asp


venerdì 18 settembre 2009

Diritti Di Base

Questo l'ho postato sul blog di Diritto alla rete, ma non so ancora se ho ottenuto riscontri:

Butto li un idea per fare qualcosa di concreto contro la proposta di legge di Pecorella e Costa, ovvero farne una noi.

Nella costituzione italiana l'articolo 71 cita:

L'iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale.

Il popolo esercita l'iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli”.

Potrebbe, quindi, essere una buona soluzione scrivere una contro proposta che regoli in modo più umano e più accessibile isiti internet aventi natura editoriale”.

Sinceramente, dall'alto della mia terza media, non sono sicuro che possa funzionare ne che sia fattibile, non ho neanche la minima idea di come metterla in pratica. Mi pare, però, una cosa innovativa e che potrebbe anche avere un forte impatto mediatico, visto che nessuno ha mai applicato questo potere del popolo, ma date le mie scarse conoscenze queste affermazioni potrebbero anche rivelarsi false.

Invito chiunque abbia idee e conoscenze in materia a proporle per redarre questo progetto.

Nell'eventualità che abbia scritto delle cose inesatte e non sensate mi scuso anticipatamente.

Arius




mercoledì 16 settembre 2009

Web Radio

La mia vena imprenditoriale ritorna a proporre nuove soluzioni per succhiare via il mio tempo libero e per distrarmi dalle occupazioni giornaliere. La brillante idea odierna era quella di creare una web radio, ebbene si, una radio, è da un mucchio di anni che vorrei crearne una, a chi non piacerebbe?

Il bisogno di una nuova emittente è nato quando la mia passione per la musica mi ha portato ad evitare tutto ciò che era commerciale, avevo sedici anni e tutto quello che l'etere proponeva, e continua a proporre, in questa valle di lacrime, lo consideravo, e lo considero, spazzatura. Incredibili difficoltà vengono poste dalle leggi, diritti d'autore, concessioni di frequenze e quant'altro, le radio libere sono morte, quindi vista l'epoca e, diciamolo pure, una mancanza di sbattimento, tuttora, il mio ambizioso progetto continua a restare solo un idea. Rimane, comunque, in ottima compagnia, precedendo il caffè “d'antan”, il chioschetto e la saletta boulder, altre ottime iniziative imprenditoriali non andate in porto, soprattutto, per la mancanza di capitali iniziali.

Oggi una semplice intuizione è venuta a galla mentre ascoltavo una web radio: perché non crearne una? Dopo un'approfondita ricerca è sorto il solito problema, ovvero, quello dei diritti d'autore, quindi di conseguenza il metodo di pagamento, credo non accettino in natura. Dato che suddetta iniziativa non sarebbe concepita a fini di lucro, ma solo come passatempo ed evangelizzazione delle masse che vorrebbero evitare Mtv (proprio un'altissima vocazione), ci mancherebbe che debba spenderci soldi dietro. Così la ricerca si è spostata sul come fare a fottere il sistema, ma, il tutto, si è risolto con un buco nell'acqua.

Il risultato ottenuto questo pomeriggio è stato uno spreco di tempo visto che dopo quattro ore di ricerche varie su internet, mi sono accorto che, effettivamente, non ho più la minima intenzione di fare radio. I tempi sono cambiati e la rete offre già tutto quello di cui uno necessita, anche pazzi che tengono blog su argomenti a caso, ma questo non frena la mia vena creativa, quindi il qui presente sociopatico continuerà a scrivere post a muzzo.


lunedì 14 settembre 2009

Spleen

L'inutilità della propria esistenza che si ripercuote sull'ordinaria quotidianità, per distruggerne i sensibili equilibri, si proclama vincitrice sulla vita e come il maglio di un fabbro si abbatte sul ferro incandescente sprizzando migliaia di scintille, cosi una perpetua e duratura angoscia colpisce la voglia di vivere spandendola in centinaia di pezzi.

Se la vita ti sorride sputale in faccia, perché sicuramente ti sta prendendo per il culo.

Sta arrivando l'Inverno...


mercoledì 9 settembre 2009

Dubbi Informativi

Oggi mi sto ponendo una domanda, forse superflua per qualcuno: ma abbiamo perduto il quarto potere per strada, essere che oltretutto fomenta voci a caso, oppure i miei amici non capiscono veramente nulla?

Non posso trovare risposta al quesito visto che non utilizzo da anni i classici metodi di informazione.

“E fra promesse e aperitivi la questione è sempre aperta se vivere da vivi o farsi schiavi con la scheda” Avatara docet.


martedì 8 settembre 2009

Presenze

Sono svegliato dal torpore del mio sonno da un brivido gelato che mi corre lungo la schiena, eppure il caldo stagionale, nonostante stia scemando, è ancora presente e la coperta, seppur leggera, avvolge il mio corpo. Mi rigiro pigramente nel letto per sistemarmi, manca ancora qualche ora all'alba, ma qualcosa attrae la mia attenzione, un rumore nel buio, un suono quasi impercettibile.

Inizio ad osservare la stanza e ad essere inquieto, sembra che attorno a me non ci sia nulla, ma ho la sensazione opprimente di non essere solo, come se qualcuno mi fosse accanto e mi stesse osservando. Non più tanto tranquillo, mi alzo dal letto e comincio ad osservarmi attentamente intorno e all'improvviso con la coda dell'occhio vedo un'ombra spostarsi e oltrepassare la porta aperta della camera.

Accendo la luce e mi accorgo di essere solo, sicuramente sarà stato un abbaglio dovuto al sonno, così decido di sdraiarmi nel letto, ma appena spenta nuovamente l'abat-jour un gelido soffio si posa sul mio viso. Terrorizzato mi precipito ad accendere qualsiasi lampada che c'è in casa.

Ora mi sento più tranquillo, sarà stato uno scherzo della luce che filtra dalla finestra del bagno, un innocuo gioco di ombre, si non può essere altro. Per calmare i nervi tesi e far ritornare il sonno vado in cucina per prepararmi una tisana.

Mentre bevo la calda bevanda, la lampadina della camera si brucia e intravedo qualcosa. Possibile che ci sia qualcuno nascosto nell'ombra? Anche la luce del bagno e quella dello studio si spengono. Cosa sta succedendo, chi c'è oltre la cortina di luce?

Soltanto il lampadario della cucina è ancora acceso e non so quanto durerà, l'alba è ancora lontana. Lascio questo resoconto perché si sappia cosa è successo, la lampadina ha sbalzi di tensione e c'è una presenza nel buio.


lunedì 7 settembre 2009

Distinti Episodi Di Quotidiano Imbarazzo

Vacui inconsistenti pensieri si formano, muoiono con la fulminea rapidità con cui sono nati, inconcludenti e amorfi vivono la loro breve esistenza fuori dal contesto da cui sono stati generati, non ne intuisco minimamente il significato. Passo l'intera giornata con flash che intrippano la reale consequenzialità dell'azione, non avviene reazione, tutto è avvolto da fosche ombre di possibili obbiettivi da raggiungere senza che nessuno venga messo a fuoco e puntato. Risultato, astratto e impalpabile, è un apatia incontrollata di un cazzeggio estremo, dove ogni tentativo volto verso un utile tangibile sembra essere nullo.

La mattina mi alzo e canto. Mille domande si aprono su questa consuetudine e la più quotata è: “ ma che cazzo ci avrà da cantà?”. Io stesso mi pongo il quesito e io stesso non so darmi una risposta. Anche Orwell faceva porre il dubbio, in 1984, a Winston Smith, protagonista del libro, mentre osserva la prolet che stendeva i panni: che la vecchia fosse felice nella sua situazione di povertà e ignoranza, oppure la canzone era semplice sollievo per la sua vita di stenti, o la vera libertà non sta nelle azioni che compiamo, ma nella maniera in cui le facciamo? A me non è dato saperlo, eppure ognuno può trarne il significato voluto.

Resta, comunque, il fatto che il mio inglese sia migliorato e che il titolo del post sia, alquanto, casuale.


venerdì 28 agosto 2009

Mosche?

Seduto sulla panchina del mio ottuagenario bradiposo vicino, osservo il cielo, mi godo il caldo estivo cercando di accumulare calore da rilasciare durante il lungo inverno che si sta avvicinando.

La contemplazione soporifera pomeridiana viene interrotta dall'improvviso scatarroso risveglio del vecchio sedente, espressione araldica. Con sguardo truce e fiammeggiante odio, con ghigno digrignante e leggermente sbavante, con narice dilatata e soffiante, inizia ad apostrofarmi con parole argute e, nonostante il terrore e l'orrore che mi attanaglia, decido di restare ad ascoltare il sicuro vaneggio. “Ma come è possibile che le mosche ti entrino nelle orecchie?” Allibito da tale questione non proferisco parola, non istigo l'alzheimeritica mente a proseguire, non alimento la possibilità di un dialogo.

I miei sforzi, però, sono vani e la carcassa umana continua coi suoi dubbi e la sue preoccupazioni: “ Guarda, guarda che virate, guarda puntano direttamente dall'alto e zac si infilano in un orecchio, come fanno a sapere che li c'è un buco?”.

Non curandosi affatto della mia completa apatia e indolenza,Joseph, in un monologo che oserei, quasi, definire scientifico ottenuto con anni di studio e osservazioni, descrive i moti e le abitudini di questi dipteri.

Dopo circa un'ora e mezza di discussione della sua tesi, alla quale è seguita consegna di laurea honorem causa con relativo rinfresco, il dotto e saggio vicino conclude con una frase che mai in vita mia spero di risentire: “ Sarà sicuramente per istinto”. Ovviamente le mosche per istinto si infilano nei buchi delle orecchie, un irrefrenabile desiderio di soffocare tra peli e cerume, un istinto suicida che impone una tragica fine in questo antro cieco, che vita di merda.


mercoledì 26 agosto 2009

Knockin' On Heaven's Door


Mama, take this badge off of me
I can't use it anymore.
It's gettin' dark, too dark for me to see
I feel like I'm knockin' on heaven's door.
Knock, knock, knockin' on heaven's door
Knock, knock, knockin' on heaven's door
Knock, knock, knockin' on heaven's door
Knock, knock, knockin' on heaven's door

Mama, put my guns in the ground
I can't shoot them anymore.
That long black cloud is comin' down
I feel like I'm knockin' on heaven's door.
Knock, knock, knockin' on heaven's door
Knock, knock, knockin' on heaven's door
Knock, knock, knockin' on heaven's door
Knock, knock, knockin' on heaven's door

Questa è davvero la porta per il paradiso.


martedì 25 agosto 2009

Viaggi

Mamma sapeva cos'era meglio per me nella scura strada, guardava attorno e si accorgeva di ciò che accadeva. Mamma sapeva cos'era meglio per me nel freddo deserto, ci era stata e conosceva ciò che succedeva. Mamma sapeva cos'era meglio per me oltre il lontano confine, sentiva le urla che arrivavano dalla desolazione e piangeva. Io non l'ascoltavo, io non la guardavo, io non le credevo.

Mamma prendi questo zaino, sono stanco per andare avanti. Mamma butta via queste scarpe, ormai sono troppo consumate per camminare. Mamma asciugami le lacrime, non voglio più soffrire. Lei non mi ascolta, lei non mi guarda, lei non mi crede.

Troppo lontano, troppo oltre, troppo avanti sono andato per farmi sentire, la strada fatta è tanta, tornare indietro non si può.

Solo vago per la disperazione, solo mi smarrisco nell'inconsapevolezza, solo mi trascino nell'esistenza.


lunedì 24 agosto 2009

Apoteosi

Mi hai regalato un sogno, ma era solo una pura e mera illusione, quando mi sono svegliato tutto è svanito e sono bruscamente ritornato alla realtà. Nulla è rimasto, nessun ricordo durerà nel tempo, nessuna frase e nessuna parola riecheggeranno nella memoria, resterà soltanto un vago, splendido sogno testimone di un passato ormai lontano.

Concatenate cause di un deliro umano, agli occhi disprezzanti degli spettatori critici, lasciano, ora, spazio a inutili risvolti di finzione mediatica, a una quotidiana maschera rappresentante drammi e commedie per il pubblico pagante. Pochi euro e lo spettacolo va avanti, pochi attimi e tutti potranno godere dell'opera che si chiama vita, signori non accalcatevi, c'è posto per tutti, presto gli attori entreranno in scena.

Mi ritrovo nel turbinio distruttivo di sofferenze agghiaccianti provocate da un carnefice che, con mano salda e forte, stringe la mia psiche, devastandola con rabbia e gioia. Teatralità, spinta verso il surreale, viene portata in scena per il piacere degli spettatori, recita, oltremodo esagerata, per farli gustare uno spettacolo ordinario, tutto in ballo, niente si omette, affinché nessuno voglia indietro il prezzo del biglietto.

Eri una chimera e io ero Bellerofonte, così, alla fine, ti ho uccisa.


giovedì 20 agosto 2009

Lutto

Alle volte mi giungono alle orecchie notizie che turbano il mio equilibrio psicofisico somatico, mi si insinua il dubbio di quanto io viva fuori dal mondo.

Il sei settembre del duemilasette è morto, a mia insaputa, Luciano Pavarotti. Ho appreso solo oggi la notizia navigando in internet, con due anni di ritardo, devo ammettere che mi tengo molto informato.

Il problema della mancanza d'informazione nasce nell'ottobre del duemilaquattro quando mi sono dedicato all'eremitaggio in uno scantinato, che è casa mia. Qui, prima del gennaio del duemilaotto, l'unico articolo tecnologico era uno stereo dedicato alla sola riproduzione di cd, in seguito, l'acquisto di un pc mi ha di nuovo aperto le porte del mondo, ma, ahimè, Pavarotti era già deceduto, così non mi è stato possibile unirmi al lutto nazionale.

Inizierò, un po' in ritardo, a dolermi per la perdita ascoltando Roots Bloody Roots dei Sepultura interpretata dal tenore.


giovedì 6 agosto 2009

Sorprese

Questa mattina, aprendo la porta di casa per far uscire il cane e affacciandomi, ho notato, nel consueto panorama, la mancanza di qualcosa. Essendo le sette e trenta e la mia mente non ancora lucida, ho dovuto soffermarmi a lungo per comprendere quale tassello non fosse al suo posto, cosa mancava, cosa non c'era, qual era la variabile?

All'improvviso, mentre mi ritrovo a fissare Russel Crowe negli occhi, in mezzo all'arena, circondati dalla folla che urla “il panico, il panico, il panico” (questo è plagio N.d.r.), l'illuminazione: dov'è la macchina?

Dove l'ho lasciata? Eppure ieri sera sono rimasto a casa e soprattutto non faccio più uso di droghe e alcolici, quindi la macchina dovrebbe essere lì.

Me l'hanno rubata? No, chi mai ruberebbe quel catorcio? Sarà mica stato qualche bastardo che in seguito ha investito tre persone ed è fuggito? Se è successo questo non mi hanno ancora rintracciato, in giornata sono in Francia e posso arruolarmi nella Legione Straniera, soluzione ad ogni problema.

Per fortuna prima di fare cagate, un'altra intuizione arriva: non è che l'ha presa mia mamma? Meno male che ci sono i cellulari, ma la mia irreperibile madre non risponde, non mi resta che avviarmi a piedi verso l'autogrill dove lavora, così, male che vada, mi faccio portare da un T.I.R all'estero.

Dopo un 'ora di angoscia, infine, scopro che la macchina l'ha presa lei, perché la sua non partiva, mi arruolerò un altro giorno.


martedì 4 agosto 2009

La Bella E La Vespa

Oggi mi è sorta una domanda, ma i luna pop hanno mai visto una vespa? Non ci credo che tu ne voglia una per andare sui colli bolognesi, in più ti lamenti che non hai una donna, perché non ti compri un ducati monster, risolveresti tutti i tuoi problemi.

La mia vespa mi ha di nuovo lasciato a piedi, sono tornato a casa spingendola, eppure le ho dato anche un nome, si chiama Iris, le parlo, le voglio bene, ma lei niente, forse non le piace il nome.

Non si sa per quale motivo e come sia possibile, si è smontata la testa del carburatore, forse per le vibrazioni, effettivamente sono un po' forti. Non avrei mai dovuto ascoltare il tamarro che c'è dentro di me e montarle sotto un cento, prima non vibrava, soprattutto prima di metterle l'espansione alla marmitta, non dovevo neanche modificare l'albero della biella, ma mi hanno detto che così entra più miscela. Ora toccherà cambiare il carburatore, magari ne mettiamo uno più grosso.

Povera Iris è come una quarantenne che continua ad andare dal chirurgo estetico.


lunedì 3 agosto 2009

Tutto Il Resto Che Importanza Ha

Tutto il resto che importanza ha.

Quando puoi salire su una cima, provare l'ebbrezza che provoca quella vista, avere tutto ciò che puoi vedere nella tua mano, trovare la soddisfazione per aver provato i tuoi limiti ed essere appagato per la fatica fatta, tutto il resto che importanza ha.

Già tutto il resto che importanza ha, forse, ne ha tanta, troppa.


giovedì 30 luglio 2009

Attivazioni Pineali

Vaghi presentimenti, sensazioni astratte, intuizioni irreali vengono a galla nei miei pensieri più profondi, domande senza risposta, quesiti irrisolti, dilemmi quasi esistenziali ispirano dubbi nella mia ottenebrata mente. Nebbia indisolvibile crea zone oscure nella mia vita, come spazi bui dove non ci si può rifugiarsi, come realtà parallele che racchiudono orrori indicibili e esseri assetati di sangue. Incomprensioni e smarrimenti dialettici ampliano le distanze, create da vuoti discorsi, tra razionalità dissacrante e fantasie frustrate, il tutto, iniziato in un turbinio di debolezze e turpiloqui senza senso.

Un'accozzaglia di idee, come conseguenza inutile di una disorganizzazione mentale, minano un elementare accondiscendenza verso un esistenza tranquilla, forse aiutata da un eterogenea dissimulazione di perdizione. Nell'unica soluzione possibile, a tali atroci menzioni, viene utilizzata, quasi come un effetto placebo, un estenuante e massacrante, oserei quasi dire distruttiva, attesa senza alcuna aspettativa.

Se dieci persone ti dicono che sei un coglione, forse lo sei.

martedì 28 luglio 2009

Allucinogeni?

Il periodo “post traumatico” dell'eccelso scribacchino, nonché indiscutibile autore, è, forse, analizzando analiticamente e analogamente gli altri travagliati periodi, quello più oscuro e tetro, quello che sfugge alla comprensione più approfondita, quello più adirato e iroso. Manca la biografia di questo momento, Aligolok Barganov non lasciò appunti sulla sua vita precedente il viaggio in Francia, così si possono solo fare supposizioni sulle sofferenze patite in patria, si romanza e si fantastica di un'esistenza votata all'eccesso e al decesso, all'odio e al rammarico, fors'anche dedicata all'amore e al piacere.

Soltanto le sue parole enigmatiche, sibilline, cassandriche restano del suo pensiero, mirabolanti accese figure descrivono l'operato del fachiro della penna, ostiche rime petrose e dolci suoni onomatopeici colgono l'animo del procrastinato poeta. Soltanto ascoltando questi lasciti possiamo comprendere appieno ciò che quest'otre di accortezza avrebbe potuto dire, se solo avesse voluto.

Lo scritto proposto trasuda tutta la sofferenza, l'angoscia e il dolore che il chirghiso prova in seguito a chissà quale evento: Visione

ti ho visto nella solitudine

splendida immagine d'irrealismo

ti ho visto nell'inquietudine

bellezza piena di magnetismo

ti ho visto nella consuetudine

meravigliosa visione d'empirismo

ho sbattuto le palpebre

non c'eri più.


lunedì 27 luglio 2009

Cima Longhède e Becca d'Aver

Quale immane obbrobrio si riesce a trovare nei luoghi più impensabili, dove mai avresti pensato che qualcuno avesse il coraggio di deturpare il paesaggio, perché costruire una qualsiasi opera, in questo caso quasi sempre religiosa, su una cima di una montagna equivale a sfregiarla.

L'unico inconveniente è che nessuno reputa tale gesto come un delitto, sembra che sia giustificata da chissà quale motivo, anzi sembra quasi doveroso che ci sia una madonna, una croce o un cristo, di altezza non inferiore ai tre metri, su qualsiasi punta.

Le persone che arrivano sulla sommità, dopo una bella scarpinata, immortalano i loro visi davanti a queste turpi opere, come se il panorama che si gode non sia uno sfondo sufficientemente adeguato. Anche la mente, che definirei malata, si gloria del suo operato lasciando una targhetta commemorativa, forse per ricordarsi di quale cagata abbia creato.

Sabato sulla Cima Longhède, vicino alla Becca d'Aver, ho trovato una croce alta una decina di metri, forse qualcuno ha deciso di riutilizzare un traliccio dell'Enel, visto che sicuramente la sua posizione precedente non era abbastanza impattante. Questa superba costruzione ci è stata donata dagli alpini di Verrayes, sembra anche con parecchio orgoglio.

Nessuno si indigna, nessuno si offende, ma, soprattutto, nessuno dice nulla. Forse, una soluzione per sanare i problemi di abusi edilizi in Italia, sia quello di mettere una bella croce o una madonna su una qualsiasi costruzione per farla approvare dalla chiesa cattolica, quindi dallo stato e in seguito dalla popolazione? No perché questa è l'idea che mi sono fatto.


venerdì 24 luglio 2009

Alla Fine

Considerando, infine, pragmaticamente e analiticamente, senza guardare la gestione ultima e finale, l'utilizzo che uno fa della sua vita, come si può riuscire a sopportare ritmi, altamente pianificati ad un regime irregolare, che risultano portare ad una, forse, completata distruzione fisica e mentale?

Succede che seduto sulla panchina dell'oramai mummificato e disidratato vicino, mentre mi concedo l'unica pausa di dieci minuti in cui mi fumo una sigaretta, provato da una vita estenuante, mi addormenti. Al che potrebbe infine scattare una gara, con il vegliardo, a chi possa richiamare l'attenzione delle forze dell'ordine per disturbo della quiete pubblica, per il superamento della soglia di 90 Db da parte del sonoro russare.

Ahimè, però, ora è doveroso andare a fare una vasca ad AO, poi ad arrampicare, a mangiare una pizza con gli amici e alle tre dovrei riuscire ad andare a dormire, domani ci si sveglia alle sette per andare a fare mille metri di dislivello per raggiungere la becca d'Aver, ovviamente poi si esce e si torna tardi.

Se riuscirò a sopravvivere e ad arrivare a lunedì, potrei, anche, considerarmi soddisfatto e magari non fare nulla, nel rigoroso cazzeggio più completo.

She don't lie, she don't lie, she don't lie, cocaine...


mercoledì 22 luglio 2009

Dedicato A Te

Se il fondo della tua anima, potesse essere rappresentato, oppure visto, sarebbe oscuro, orribile e marcio come le profondità più nascoste di una fogna a cielo aperto. Se il tuo volto mostrasse ciò che realmente sei, non sarebbe innocente con un sorriso stupendo, ma, bensì, sfigurato, pestilenziale e putrescente come quello del peggiore dei succubi di un incubo infernale. Se riuscissi a vederli, inizieresti a provare ribrezzo e vergogna per la persona che sei. Come riesci a comportarti così, come riesci a guardarti nello specchio, come riesci a continuare a vivere?

Sarà perché ti uniformi a questa società, ti integri, perfettamente, perché essa ti rappresenta con la sua superficialità e la sua apparenza, con il suo marciume e la sua corruzione. Tutto in te si rispecchia nella più abietta figura che possa essere immaginata, tutto in te si figura nel più orrendo modo di essere, tutto appare in te come una grottesca imitazione di una piccola maligna borghesia.

Non è colpa tua, l'errore è stato mio,pensavo fossi una persona diversa.


martedì 21 luglio 2009

Sto Alla Grande

Mi guardo attorno, osservo silenzioso il mutare della giornata, il sole mi scalda il corpo e l'anima.

Il cielo è terso e azzurro, la sua immobilità rilascia una sensazione di pace e tranquillità.

Una lieve brezza muove leggermente le fronde degli alberi, suonando una melodia soave, attenuando i rumori della civiltà rendendoli piacevoli.

Un falchetto volteggia libero nell'aria, gioca con le correnti in un elegante danza, si alza e poi scende in picchiata.

Il mio spirito abbandona gli affanni quotidiani per seguire la libertà che questa giornata porta con sé.

Oggi sono proprio felice.

lunedì 20 luglio 2009

Mont Tantané

C'è una domanda che assilla la tua mente, mentre stai camminando, un dilemma che martella insistentemente il tuo Io, forse questa questione è dettata dalle condizioni atmosferiche, forse dal vento che continua a sferzarti la faccia, forse dal nevischio, misto a grandine, che ti colpisce il viso. Anche le mani che congelano e i muscoli delle gambe che bruciano lanciano segnali disperati aumentando i dubbi che minano la tua sicurezza, allora continui a domandarti chi te lo faccia fare, perché non torni semplicemente indietro, perché non ti accontenti.

Quando, però, arrivi in cima, sulla sommità di quella montagna, capisci perché non ti sei fermato, finalmente non hai più nessun tentennamento e ai tuoi piedi si apre tutta la vallata.

Lo spettacolo che si mostra appaga completamente il tuo spirito, mai avresti pensato che la fatica sparisse e la temperatura cessasse di infierire sul corpo, tutta la tua attenzione si focalizza su ciò che ti circonda. Un senso di pace e tranquillità pervade il mondo, percepisci la forza e la potenza della natura e diventi un tutt'uno con essa. In questi istanti realizzi la bellezza del luogo dove vivi, ma, finita la discesa, ritorni alla realtà e tutto svanisce come un sogno.


venerdì 17 luglio 2009

Vuoti Da Riempire

Nei momenti di solitudine, di angoscia, di tristezza, quando vieni colto da malesseri psicologici e fisici, ogni volta che il mondo non ti sorride e, anzi, ti sputa anche addosso, forse una lettura può aiutare.

Si riprende in mano il libello, ormai consunto e con le pagine ingiallite, di Aligolok Barganov, l'eterno sofferente, il rubicondo paroliere, il malsano poeta, l'animoso otre, lo speleologo dell'anima.

La lettura di si fatto artista allevia ogni male, ma l'immedesimazione, dovuta alla sensibilità estrema e alla continua attualità dei temi trattati, porta alla realtà i problemi dell'autore, quest'empatia secolare riempie i vuoti cognitivi e, alla fine, ti rendi davvero conto di quali siano le tue reali preoccupazioni.

Ah, quale scrittore fu più lungimirante del chirghiso volante? I versi proposti sono tratti dal suo periodo “tendenzialmente fisico”.

vacui sentimenti

di profonde cavità

con rumori echeggianti

dolori addominali

d'infinito oblio

con sorde risonanze

ma che angoscia

il vuoto del frigo

ho fame!


giovedì 16 luglio 2009

Oblio

E arriva un certo momento in cui qualcosa accade, un imprevisto, un'anomalia. Succede all'improvviso, senza preavvisi o segnali di sorta, così dal nulla, forse qualche avvisaglia appare, qualcosa tira fuori una timida voce, ma, sicuramente, viene trascurata o tralasciata. Così il danno è fatto.

La tua vespa può decidere di fermarsi in curva in salita, perché decide che è il momento di farlo, perché no, può starci, ma tu con tutta la calma di questo mondo, chiami a casa dicendo che non arriverai prima di due o tre ore e ti incammini verso il benzinaio più vicino per comprare una candela nuova, visto che la vecchia è stata prodotta nel '75 e, tutto sommato, forse era ora di cambiarla. Ti comporti come se fosse naturale, come se capitasse tutti i giorni, effettivamente succede almeno un paio di volte a stagione, alle volte anche di più.

Il giorno in cui, però, torni a casa, accendi il computer e lui inizia prima a bloccarsi, poi a mostrarti schermate sempre più anomale e malsane, cosa fai? Il terrore di un virus inizia a insinuarsi nella tua mente, il panico da formattazione ti fa tremare le mani, la paura di perdere tutto il materiale raccolto aumenta, ma perché non ho continuato ad aggiornare l'anti virus, perché ho disabilitato il firewall, ma perché sono così coglione?

Piano, piano, si riacquista lucidità e serenità e con l'aiuto di un amico (grazie Fab, ero sull'orlo del suicidio N.d.r.), si arriva alla conclusione che la scheda video si è bruciata.

I problemi veri, però, arrivano il giorno seguente, come una crisi d'astinenza, il posto occupato precedentemente dal P.C. ora è vuoto, il pomeriggio si prospetta come un interminabile attesa della scheda nuova, da passare a fissare il muro. Lunghe riflessione hanno avuto adito: ma come ho fatto a vivere quattro anni senza un computer?

Per fortuna, alla fine, sembra si sia risolto tutto, per il momento.