Il periodo “post traumatico” dell'eccelso scribacchino, nonché indiscutibile autore, è, forse, analizzando analiticamente e analogamente gli altri travagliati periodi, quello più oscuro e tetro, quello che sfugge alla comprensione più approfondita, quello più adirato e iroso. Manca la biografia di questo momento, Aligolok Barganov non lasciò appunti sulla sua vita precedente il viaggio in Francia, così si possono solo fare supposizioni sulle sofferenze patite in patria, si romanza e si fantastica di un'esistenza votata all'eccesso e al decesso, all'odio e al rammarico, fors'anche dedicata all'amore e al piacere.
Soltanto le sue parole enigmatiche, sibilline, cassandriche restano del suo pensiero, mirabolanti accese figure descrivono l'operato del fachiro della penna, ostiche rime petrose e dolci suoni onomatopeici colgono l'animo del procrastinato poeta. Soltanto ascoltando questi lasciti possiamo comprendere appieno ciò che quest'otre di accortezza avrebbe potuto dire, se solo avesse voluto.
Lo scritto proposto trasuda tutta la sofferenza, l'angoscia e il dolore che il chirghiso prova in seguito a chissà quale evento: Visione
ti ho visto nella solitudine
splendida immagine d'irrealismo
ti ho visto nell'inquietudine
bellezza piena di magnetismo
ti ho visto nella consuetudine
meravigliosa visione d'empirismo
ho sbattuto le palpebre
non c'eri più.
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