giovedì 16 aprile 2009

Quindi?

Ieri notte ho riletto degli scritti del mio poeta preferito, Aligolok Barganov chirghiso di nascita e di morte, al che tra le sue opere più famose, sicuramente conosciute dai più, magari anche dai meno, ne ho trovata una che mi ha particolarmente colpito, sicuramente lo aveva fatto anche in precedenza, ma devo essermene dimenticato.

Una poesia di rara bellezza, con una metrica a dir poco affascinante, ricca di figure retoriche, che al momento ignoro come si chiamino, piena di pathos, piena di excursus, piena di humus.

Una poesia commovente, dirompente, estinguente, forse un poco forte, dai toni troppo bruschi e crudi, ma reale, senza iperbole o parabole, vissuta dall'autore stesso in un momento di debolezza.

Una poesia semplicemente umana che mostra la sofferenza dell'autore nei suoi gesti quotidiani e abitudinari, che rappresenta le sue difficoltà di vita, che illustra le sue frustrazioni, che addolora, persino, il lettore che se ne immedesima.

Una poesia intitolata: Vicissitudini

solo tra la folla

nessun viso amico

stranito tra stranieri

dove potrò andare

cosa potrò fare

chi mi potrà aiutare

lontano da casa

lontano da ciò che è mio

lontano dal riconoscibile

il fosso della solitudine

si riempie di nulla

che mi affoga nell'aria

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